Il Consiglio di Stato, con Ordinanza del 27 marzo (il testo integrale è consultabile in www.giustizia-amministrativa.it), ha rinviato alla Corte di Giustizia Europea la questione circa la possibilità per i Comuni di introdurre divieti alla installazione di antenne per la telefonia mobile.
La disciplina interna (Legge 22 febbraio 2001, n. 36, “Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici”) stabilisce, all’art. 8, comma 6, che “I comuni possono adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici”.
La prevalente e più recente giurisprudenza (cfr. Consiglio di Stato sez. VI 13 marzo 2018 n. 1592 in www.giustizia-amministrativa.it) aveva interpretato la normativa interna nel senso che “alle Regioni ed ai Comuni è consentito – nell’ambito delle proprie e rispettive competenze – individuare criteri localizzativi degli impianti di telefonia mobile (anche espressi sotto forma di divieto) quali ad esempio il divieto di collocare antenne su specifici edifici (ospedali, case di cura ecc.) mentre non è loro consentito introdurre limitazioni alla localizzazione, consistenti in criteri distanziali generici ed eterogenei (prescrizione di distanze minime, da rispettare nell’installazione degli impianti, dal perimetro esterno di edifici destinati ad abitazioni, a luoghi di lavoro o ad attività diverse da quelle specificamente connesse all’esercizio degli impianti stessi, di ospedali, case di cura e di riposo, edifici adibiti al culto, scuole ed asili nido nonché di immobili vincolati ai sensi della legislazione sui beni storico-artistici o individuati come edifici di pregio storico-architettonico, di parchi pubblici, parchi gioco, aree verdi attrezzate ed impianti sportivi)“.
D’altro canto, sussiste anche un particolare favor del Legislatore per la realizzazione di reti e servizi di comunicazione elettronica ad uso pubblico, così come espresso dal decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259, recante Codice delle comunicazioni elettroniche (in particolare, agli artt. 87, 87 bis e 90).
La materia è oggetto di disposizioni di rango sovranazionale e, segnatamente, è interessata dagli artt. 1 comma 3 bis, 3, e 8 della Direttiva 2002\21\CE e agli artt. 3 e 8 della Direttiva 2002\22\CE invocati nei ricorsi proposti dai principali gestori di telefonia mobile contro talune disposizioni del Regolamento in materia del Comune di Roma.
Pertanto, come accennato, il Consiglio di Stato, ha sollevato la questione circa la compatibilità della disciplina italiana con quella europea, tenuto conto che “la giurisprudenza europea in ordine alla norma in esame non risulta essersi puntualmente espressa con riferimento alle specifiche questioni connesse alle limitazioni introdotte rispetto alla collocazione degli impianti in questione“, rinviando all’organo di giustizia europeo, il quesito “se il diritto dell’Unione europea osti a una normativa nazionale (come quella di cui all’articolo 8 comma 6 legge 22 febbraio 2001. n. 36) intesa ed applicata nel senso di consentire alle singole amministrazioni locali criteri localizzativi degli impianti di telefonia mobile, anche espressi sotto forma di divieto, quali il divieto di collocare antenne in determinate aree ovvero ad una determinata distanza da edifici appartenenti ad una data tipologia”.