L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato si è pronunciata offrendo una significativa impronta sulla proroga delle concessioni demaniali marittime. Resterà un’orma sulla sabbia?
La sentenza ha natura decisamente nomofiliattica e, respingendo ogni argomento critico verso l’applicazione in materia della Direttiva Bolkestein, stabilisce, con evidenti caratteri propulsivi, un obbligo di procedura gara, senza alcun previo esercizio di autotutela delle concessioni in essere (anche se oggetto di un giudicato), nella quale siano previsti anche meccanismi di tutela dell’affidamento dei concessionari.
Nel consapevole e opportuno contemperamento degli interessi in giuoco (ed in uno sconfinamento di funzione pressoché legislativa che in precedenza ha caratterizzato solo talvolta la Corte Costituzionale) e per consentire alle Pubbliche Amministrazioni di provvedere al riguardo, dispone che gli effetti della sentenza si producano dopo il 31 dicembre 2023.
Si ricorda che la questione annosa si è riproposta con l’art. 1, comma 683, della L. n. 145/2018, così come con singole leggi regionali con cui si prevedono proroghe automatiche e generalizzate delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative ed era pendente in due appelli proposti alla CGARS e alla V Sezione del Consiglio di Stato; era stata quindi rimessa ai sensi dell’art. 99, comma 2, c.p.a. all’Adunanza Plenaria con Dec. Pres. C.S. 24 maggio 2021, n. 160.
In particolare, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato era stata chiamata a chiarire il seguente quesito “1) se sia doverosa, o no, la disapplicazione, da parte della Repubblica Italiana, delle leggi statali (art. 1, comma 683, l. n. 145 del 2018) o regionali che prevedano proroghe automatiche e generalizzate delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative…” ; “2) se, in adempimento del predetto obbligo disapplicativo, l’amministrazione dello Stato membro sia tenuta all’annullamento d’ufficio del provvedimento emanato in contrasto con la normativa dell’Unione europea o, comunque, al suo riesame ai sensi e per gli effetti dell’art. 21-octies, l. n. 241 del 1990 e s.m.i., nonché se, e in quali casi, la circostanza che sul provvedimento sia intervenuto un giudicato favorevole costituisca ostacolo all’annullamento d’ufficio…” e “con riferimento alla moratoria introdotta dall’art. 182, comma 2, d.l. 19 maggio 2020, n. 34, come modificato dalla legge di conversione 17 luglio 2020, n. 77, qualora la predetta moratoria non risulti inapplicabile per contrasto col diritto dell’Unione europea, debbano intendersi quali “aree oggetto di concessione alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto” anche le aree soggette a concessione scaduta al momento dell’entrata in vigore della moratoria, ma il cui termine rientri nel disposto dell’art. 1, commi 682 e seguenti, l. 30 dicembre 2018, n. 145.
Con sentenza del Consiglio di Stato, Adunanza plenaria del 9 novembre 2021, n. 17:
- è stato ricordato che la questione era stata affrontata dalla Corte di giustizia U.E., con la sentenza 14 luglio 2016, in cause riunite C-458/14 e C-67/15, affermandosi i seguenti principi: a) l’articolo 12, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno, deve essere interpretato nel senso che essa osta a una misura nazionale, come quella di cui ai procedimenti principali, che prevede la proroga automatica delle autorizzazioni demaniali marittime e lacuali in essere per attività turistico‑ricreative, in assenza di qualsiasi procedura di selezione tra i potenziali candidati;
- è stato chiarito che l’articolo 49 TFUE deve essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale, come quella di cui ai procedimenti principali, che consente una proroga automatica delle concessioni demaniali pubbliche in essere per attività turistico‑ricreative, nei limiti in cui tali concessioni presentano un interesse transfrontaliero certo;
- è stato “…ribadito il principio secondo cui il diritto dell’Unione impone che il rilascio o il rinnovo delle concessioni demaniali marittime (o lacuali o fluviali) avvenga all’esito di una procedura di evidenza pubblica, con conseguente incompatibilità della disciplina nazionale che prevede la proroga automatica ex lege fino al 31 dicembre 2033 delle concessioni in essere“;
- è stato rammentato che “L’obiettivo della direttiva non era (e non è) quello di “armonizzare” le discipline nazionali che prevedono ostacoli alla libera circolazione, ma, appunto, di eliminare tali ostacoli (attraverso lo smantellamento, più che l’armonizzazione, delle leggi nazionali che ad essi forniscono una copertura normativa), al fine di realizzare un’effettiva concorrenza fra i prestatori dei servizi, restando fermo che il risultato finale di ogni direttiva (anche se di liberalizzazione) implica un’armonizzazione normativa, che, però, non è l’obiettivo primario della direttiva 2006/123 e non può costituirne, pertanto, la base giuridica legittimante, come sostenuto da chi, invece, invoca la necessità di applicare la regola dell’unanimità in seno al Consiglio.“;
- è stato affermato che “deve, quindi, ritenersi che anche l’art. 12 della direttiva 2006/123 sia applicabile al rilascio e al rinnovo delle concessioni demaniali marittime, con conseguente incompatibilità comunitaria, anche sotto tale profilo, della disciplina nazionale che prevede la proroga automatica e generalizzata delle concessioni già rilasciate”;
- e specificato (i) sul primo quesito: che le Pubbliche Amministrazioni hanno il dovere di disapplicare la normativa interna anticomunitaria e che ciò non può in alcun modo avere conseguenze in punto di responsabilità penale (nella specie quanto previsto dall’art. 1162 Cod. Nav.), per la semplice ragione che il diritto dell’Unione non può mai produrre effetti penali diretti in malam partem; (ii) sul secondo e terzo: che l’atto amministrativo di proroga è meramente ricognitivo della norma-provvedimento e non necessita di alcun esercizio di potere in autotutela e l’incompatibilità comunitaria della legge nazionale che ha disposto la proroga ex lege produce come effetto, anche nei casi in cui siano stati adottati formali atti di proroga e nei casi in cui sia intervenuto un giudicato favorevole, il venir meno degli effetti della concessione, in conseguenza della non applicazione della disciplina interna.
In definitiva, tuttavia, “l’Adunanza plenaria, consapevole della portata nomofilattica della presente decisione, della necessità di assicurare alle amministrazioni un ragionevole lasso di tempo per intraprendere sin d’ora le operazioni funzionali all’indizione di procedure di gara, nonché degli effetti ad ampio spettro che inevitabilmente deriveranno su una moltitudine di rapporti concessori, ritiene che tale intervallo temporale per l’operatività degli effetti della presente decisione possa essere congruamente individuato al 31 dicembre 2023. Scaduto tale termine, tutte le concessioni demaniali in essere dovranno considerarsi prive di effetto, indipendentemente da se vi sia –o meno- un soggetto subentrante nella concessione“.