La Commissione Speciale del Consiglio di Stato ha risposto al quesito posto dal Ministero della Salute con proprio Parere (Cons. Stato, Comm. Speciale, 29 marzo 2018, n. 859 in www.giustizia-amministrativa.it). In estrema sintesi, dopo aver chiarito che la norma di cui all’art. 226 ter del D.Lgs. n. 152/2006 (così come introdotto dall’art. 9 bis del D.L. n. 91/2017, conv. con modif. in L. n. 123/2017), ha lo scopo di ridurre l’utilizzo di borse di plastica in materiale leggero, in attuazione della Direttiva UE n. 2015/720, il Consiglio di Stato ha rilevato che:
a) la necessaria onerosità della borsa risponde alla finalità di sensibilizzare il consumatore relativamente all’utilizzo della borsa in materiale plastico, in quanto prodotto inquinante, inducendolo a farne un uso oculato e parsimonioso, potendo oltretutto la stessa essere riutilizzata in ambito domestico per le finalità più varie;
b) la borsa è un bene avente un valore autonomo ed indipendente da quello della merce che è destinata a contenere ed è dunque coerente con lo strumento scelto dal legislatore la possibilità per i consumatori di utilizzare sacchetti dagli stessi reperiti al di fuori degli esercizi commerciali nei quali sono destinati ad essere utilizzati, ma solo se comunque idonei a preservare l’integrità della merce e rispondenti alla caratteristiche di legge;
c) il necessario ed imprescindibile rispetto della normativa in tema di igiene e sicurezza alimentare comporta che l’esercizio commerciale, in quanto soggetto che deve garantire l’integrità dei prodotti ceduti dallo stesso, possa vietare l’utilizzo di contenitori autonomamente reperiti dal consumatore solo se non conformi alla normativa di volta in volta applicabile per ciascuna tipologia di merce, o comunque in concreto non idonei a venire in contatto con gli alimenti.